I contenuti di questo articolo
Ciao, Roma città aperta è il primo articolo sul nostro nuovo settore vintage: il cinema.
Roma città aperta è uno dei film che ha segnato indelebilmente la storia del cinema italiano grazie al grandissimo ed indiscutibile regista Roberto Rossellini.
In fondo all’articolo troverai curiosità come il primo titolo originale e altri aspetti veramente degni di nota.
Da dove cominciare per non risultare banali sin da subito?
Secondo me va un attimo analizzato lo spaccato storico che attraversa e l’importanza sociale del momento. Si perché quando si parla di vintage nel cinema, dobbiamo prima di tutto capire lo spaccato sociale dell’ambientazione.
Roma città aperta in un Paese in cambiamento
Innanzi tutto siamo alla nascita del neorealismo cinematografico, nel 1943 circa, in un contesto storico-sociale molto particolare e direi ben poco liberista nei pensieri e nelle espressioni considerando la presenza del regime fascista di Benito Mussolini.
Pensa che i critici nati attorno questa cerchia non trattavano assolutamente temi politici. Ti renderai conto da solo che una scelta del genere, Roma città aperta, a quel tempo è stato un grande atto di coraggio. Ma scopriamo il perché.

Gli attori e la trama di Roma città aperta
Fu uno dei più grandi film del filone neorealistico e permise a figure come Anna Magnani e Aldo Fabrizi di assumere fama internazionale sin da subito.
La cosa che più lascia senza parole è la scelta del simbolismo caratterizzante quegli anni della seconda guerra mondiale.
Viene rappresentata l’occupazione tedesca a Roma in concomitanza con la resistenza del popolo stesso che sarà oggetto di una trilogia data da Roma città Aperta, Paisà (1946) e Germania anno 0 (1948).
Ma perché viene considerato con tanta importanza?
Questo perché oltre ai numerosi premi quali due nastri d’argento come miglior regia e migliore attrice non protagonista e il Grand Prix al Festival di Cannes 1946 rientrò nell’elenco dei 100 film italiani da salvare. Ma cos’è nello specifico questa “lista”? Nella fattispecie è una raccolta di pellicole talmente importanti per il collettivo grazie alla loro capacità di aver cambiato la mentalità dell’Italia tra il 1942 e il 1978. Andiamo a vedere la trama del film Roma città aperta.
La trama
Il film è ambientato ovviamente, come si capisce dal titolo, nella Capitale e parla dell’arrivo degli alleati in Italia mentre era già presente la resistenza popolare a Roma.
Giorgio Manfredi impersona un militare comunista che si rifugia presso il tipografo antifascista Francesco dopo una retata della polizia. Ego doveva spostare l’indomani Pina mentre la sorella Lauretta di quest’ultima lavora in un locale insieme a Marina precedentemente legata a Manfredi. Si affidano e vengono aiutati sempre da don Pietro, sostenitore e portavoce dei partigiani. Manfredi sfugge ad un altra retata, Francesco invece viene arrestato e mentre trasportato dai tedeschi, Pina insegue il camion ma viene fermata dai colpi dei mitra. Francesco scappa e si nasconde con Manfredi e Marina denuncia l’uomo all’agente della Gestapo Ingrid per una dose. Il fulcro si avrà durante un incontro tra Manfredi e don Pietro dove verranno arrestati e mentre il primo morirà per le numerose torture il secondo verrà fucilato. Francesco e gli altri continueranno la lotta e la resistenza ma Marina e Lauretta cadranno sempre di più nell’abiezione morale.
Simbolismo, sceneggiatura e curiosità
Innanzi tutto la sceneggiatura del film in mano a Rossellini, Sergio Amidei e Alberto Consiglio vide un contributo speciale e determinante per mano di Federico Fellini e Ferruccio Disnan.
Sai che in principio Roma città aperta non era il vero titolo?
Esattamente, in realtà si intitolava Storie di ieri ed era un documentario sulla vita di don Giuseppe Morosini.
Egli era un sacerdote realmente di Roma ucciso dai nazisti nel 1944. Così il film assunse l’aspetto di un lungometraggio a soggetto e la fase della fucilazione finale assunse l’espressione massima di pathos cinematografico rappresentante il quotidiano si una realtà desolata, degradata e dilaniata fino al midollo.
Una figura di quegli anni è stata fondamentale per la conclusione delle riprese.
Stiamo parlando di Aldo Venturini. Vetturini era un commerciante di lana e completamente esterno al mondo del cinema ma nell’immediato dopoguerra aveva disponibilità economiche molto elevate. In un primo momento non bastò l’investimento iniziale per finire le riprese ma, fortunatamente, fu per merito di Fellini la riuscita in quanto convinse il mercante a finanziare il restante per non perdere il denaro anticipato.
Inoltre le riprese iniziate nel ’45 avevano condizioni precarie a causa dello scarso materiale e dell’occupazione tedesca fino a poco tempo prima. La scena più famosa del cinema italiano cioè l’uccisione di Pina che corre dietro al camion è stata girata in via Raimondo Montecuccoli e ripresa con due telecamere. I due eventi drammatici dell’attentato di via Rasella e delle Fosse Ardeatine non furono trattati nel film.
Sai per quale motivo?
Questo perché sia a Rossellini, Disnan e Amidei sembravano eventi troppo crudeli e forti per poter essere riprodotti a poca distanza dalla loro cessazione.
La scena della liberazione degli ostaggi da parte di Manfredi oggi a noi pare ovvia e scontata, ma all’epoca aveva una forte accezione. Questo perché il concetto di partigiano e di liberazione era molto forte in quegli anni al fine di mostrarne le capacità organizzative e la determinazione operativa.
In conclusione possiamo affermare che questa pellicola rappresenta per il nostro Paese un motivo di vanto mondiale nello scenario cinematografico di tutti i tempi soprattutto per il forte significato drammatico legato alla contrapposizione della lotta/resistenza che attanagliava le città italiane a quell’epoca.
Il nostro appuntamento prosegue come di consueto alla prossima puntata e chissà di cosa parleremo questa volta.
Buona giornata e alla prossima curiosità.
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