I contenuti di questo articolo
E’ da tempo che pensavo di scrivere un articolo sulle auto d’epoca Italiane.
E’ stata una bella sfida anche solo cercare informazioni su macchine vintage. Giorni passati navigando per trovare informazioni, altri per capire cosa realmente è un’auto d’epoca italiana.
Ed eccoci qui, con questo articolo che tratta di marchi storici, macchine d’epoca e uomini di altri tempi.
Troverai la storia delle prime macchine vintage italiane, auto d’epoca oppure macchine che furono innovative ma dimenticate.
E se sei un appassionato di motori, non puoi non guardare qui.
Le prime auto d’epoca italiane
Si dice che l’era automobilistica in Italia sia iniziata nel 1894.
Fu in quell’anno che la Società Motori Bernardi di Padova costruì i primi esempi di tricicli a motore e quadricicli.
Undici anni dopo, nel 1905, il comparto degli autoveicoli apparve per la prima volta nelle statistiche ufficiali.
C’erano 2119 auto d’epoca italiane in circolazione.
Come spesso accade con le nuove tecnologie e la produzione su piccola scala, il numero di produttori in questi primi tempi era notevole.
Nel periodo 1894-1918 c’erano una quarantina di case automobilistiche con sede in grandi città come Torino, Milano, Firenze, Brescia, Ferrara, Genova, Napoli, Padova, Piacenza e Trieste. Inoltre, l’industria automobilistica in erba contava anche un numero significativo di costruttori di telai e oltre ottanta carrozzieri.
Tuttavia, si può dire che solo sei case automobilistiche hanno operato con metodologie di tipo industriali: Alfa (1910), Bianchi (1895), Fiat (1899), Isotta Fraschini (1900-1949), Itala (1904-1934) e Lancia (1906).
Le auto agli inizi del ‘900
All’inizio del secolo, nessuna casa automobilistica gestiva le proprie officine. Piuttosto, quel compito fu affidato in quello che oggi definiremmo outsourcing, ovvero artigiani esterni le cui abilità, spesso acquisite come produttori di carrozze trainate da cavalli, portarono la classica auto alla piena maturità.
La Fiat fu la prima grande azienda a fare un passo decisivo allontanandosi dalla fase pionieristica dell’artigianato dell’industria automobilistica e diventando presto la più grande casa automobilistica in Italia.
Tra il 1900 e il 1918 produsse oltre 25mila auto ed oltre 50mila veicoli commerciali. Nel 1912 la Fiat presentò un veicolo rivoluzionario nella sua carrozzeria: lo Zero, nota anche come Fiat 12/15 cavalli con un cosiddetto design a siluro, aveva in riga il cofano, il deflettore del vento e il radiatore del telaio, superando così la tradizionale separazione tra i due corpi del cofano e abitacolo.
Con circa 2000 unità costruite in impianti di produzione in serie (non ancora una vera e propria catena di montaggio), la Zero contribuì a rendere popolare l’auto tra la classe medio-alta, grazie al suo prezzo (8000 lire nel 1912 e 6900 lire nel 1913), che era circa la metà del prezzo di altre auto dello stesso tipo. L’automobile si è assicurata un posto nell’immaginazione pubblica molto prima della proprietà automobilistica di massa, in gran parte a causa del suo uso spettacolare negli sport competitivi.

L’evoluzione delle prime macchine vintage italiane
Fu il futurismo, tuttavia, a rendere l’auto un simbolo della civiltà della macchina d’epoca: il motore, l’esaltazione della velocità e il potere dell’auto divennero i miti di una società industriale.
Le auto vintage italiane si sono affermate nel mondo come manufatti che simboleggiano la sontuosità e la raffinatezza stilistica. Parliamo dell’Alfa Romeo 6C 1500 e 8C 2900, l’Isotta Fraschini Tipo 8 ma anche la Lancia Lambda. Fino alla prima metà degli anni 1920, solo la Fiat produceva automobili accessibili a una sezione limitata della classe media (modelli 501 e 505 del 1919), alimentando le aspettative sulla commercializzazione di un’auto economica.
Nella primavera del 1925, i 509 entrarono in produzione nella catena di montaggio della fabbrica del Lingotto, stabilimento all’avanguardia. Nel 1929, la produzione automobilistica si concentrò ulteriormente e rimase un grande produttore (Fiat) e due produttori di medie dimensioni (Lancia e Alfa Romeo), oltre a un piccolo produttore (Bianchi) e due marchi di lusso (Isotta-Fraschini e Maserati).
Anche negli anni ’30 furono stabilite le caratteristiche strutturali del processo di motorizzazione. A un’estremità del mercato, la Fiat perseguiva la produzione in serie di auto d’epoca economiche e di bassa potenza con l’obiettivo di creare un mercato di massa per l’auto, e ciò era possibile solo producendo modelli a un prezzo al dettaglio relativamente basso.
All’altra estremità del mercato, un gruppo di costruttori di carrozzerie, come Bertone, Pininfarina, e Zagato, produceva telai di alta qualità in piccole serie e stabiliva la preminenza del design automobilistico italiano.
Le auto d’epoca italiane dal 1930 al 1950
Al Salone dell’Automobile di Milano del 1932, la Fiat presentò un veicolo importante nel passaggio verso la democratizzazione della proprietà automobilistica: la 508 Balilla.

Era un veicolo a basso costo (la versione base aveva un costo di 9.900 lire in un periodo in cui uno stipendio medio era di 800 lire) con un basso consumo di carburante (otto litri per 100 chilometri) e buone prestazioni (arrivava da ottanta a ottantacinque chilometri orari).
Con la 508 Balilla, la Fiat è stata in grado di sintetizzare in un veicolo economico tutti i principali progressi del tempo: un corpo interamente in metallo elettrosaldato, riduzione del rumore attraverso l’impiego di materiale fonoassorbente, freni idraulici e porte con finestrini a vento. La Balilla, di cui furono prodotte circa 110mila unità, non era ancora l’auto da 5.000 lire richiesta da Mussolini per consentire l’automobilismo privato tra le persone nei segmenti a basso reddito.
Questo rimase un ideale introvabile, ma ciò che è comunemente considerata la prima vera e propria auto popolare italiana fu la Fiat 500 nota come Topolino.

Lanciata nel 1936 al prezzo di 8900 lire, si affermò rapidamente tra gli italiani anche grazie allo slogan “Anch’io ho una macchina. Fiat 500, la grande piccola auto!”. Aveva un doppio sedile anteriore, un divanetto posteriore e un motore da 569cc che generava una velocità massima di ottantacinque chilometri orari usando sei litri di benzina per 100 chilometri.
Durante gli anni ’50, la Fiat si affermò come una delle più importanti aziende manifatturiere italiane, crebbe a una velocità enorme riuscendo a rimanere all’avanguardia nella tecnologia di produzione automobilistica e riuscendo anche ad espandere la propria produzione all’estero.
Le grandi auto d’epoca italiane del ventennio 50-70
Nel ventennio tra il 1950 ed il 1970 non è certo un segreto che l’Italia sia un paese di bellezza e qualità, e questo emerge anche e soprattutto dalle automobili.
Basti pensare alla Ferrari 212 Touring Barchetta che da subito si è saputa imporre in molte competizioni mondiali di prestigio come la Carrera Messicana nell’anno 1951.
A contribuire nella creazione dell’ideale automobilistico di stile e potenza tutto Made in Italy, toccò anche alla Maserati che nel 1953 riuscì ad incantare tutti (ed anche oggi) con quello che probabilmente resta il modello più affascinante mai costruito dal tridente: la A6GCS Berlinetta, disegnata da Pininfarina e prodotta in appena 4 esemplari.
Questi sono stati anni di ottimi esemplari tutti in tirature limitatissime come la Ferrari 250 GTO che con 39 unità ancora oggi manifesta tutta la sua iconica bellezza del cavallino rampante. P
roprio in questo ventennio vede la luce anche la prima supercar al mondo, la Lamborghini Miura con una produzione durata addirittura per 7 anni in cui è riuscita ad affermarsi come un cult per i giovani che sognavano di guidarla ammirandola attraverso i poster nelle proprie camerette. Un’altra classica Ferrari, costruita partendo proprio dalla pista, fu la 275 GTB Coupé. Steve McQueen ne aveva una, a testimonianza della duratura grandezza di questa meravigliosa vettura.

Le macchine d’epoca di concezione moderna 1970-1990
Nei vent’anni che vanno dal 1970 al 1990, sono molti i modelli che l’industria italiana delle auto d’epoca ha immesso sul mercato. Soltanto alcuni però sono riusciti ad emergere in un mercato globale decisamente più maturo e con notevoli stimoli sia dall’occidente che dall’oriente.
Tra i modelli che hanno fatto la storia vi è certamente la Lamborghini Countach, disegnata da Bertone, in produzione per 16 anni, una vera e propria eternità per un modello esotico di alto profilo montante un V-12 da 375 CV.
La corsa alle prestazioni su pista caratterizzava ormai tutti i produttori dello stivale, e Lancia non fu da meno per quanto riguarda il rally. Infatti la Lancia Stratos è stata la prima vettura progettata da zero con il preciso scopo di competere nel mondo del rally.
Proprio il direttore del comparto corse di Lancia, Cesare Fiorio, ha raccolto le opinioni ed i suggerimenti dei membri della propria squadra e su questi ha modellato il design delle auto stradali e da corsa col nome Stratos. L’ispirazione, naturalmente, venne dall’incredibile concetto di Bertone chiamato Stratos Zero del 1970.
La produzione Stratos, con le sue proporzioni tozze, il telaio leggero ma resistente e la forma aerodinamica, ha creato uno strumento incredibilmente efficace che con il leggendario pilota Sandro Munari al volante, ha vinto il campionato per tre anni di fila.
Anche la popolare Fiat volle affacciarsi al mondo dell’esotico e propose la spigolosa ed economica Fiat X1/9. Non certo al velocità, ma ciò che ha sorpreso di questo modello fu la maneggevolezza: la piccola auto sportiva con tetto targa ed un peso piuma di poco meno di una tonnellata si dimostrava dinamica e particolarmente adatta al pubblico giovane.
Proprio questo modello incoraggiò altri produttori, soprattutto internazionali, a sviluppare auto di questa tipologia per la fascia economica. Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 non si può non rendere giustizia ad un’altra opera d’arte Ferrari. La 308 GT4 era diversa da qualsiasi Ferrari prima di essa. La casa automobilistica aveva sempre preferito linee voluttuose e fluide, il marchio di fabbrica della casa di design Pininfarina, e questo nuovo design a cuneo era un territorio inesplorato.
Ma il risultato è stato una macchina straordinaria. Il muso affilato e appuntito e l’ampio parabrezza rilassato creavano un’ottima visibilità dal sedile del conducente e proprio dietro i sedili vi era riposto il primissimo motore V-8 centrale con prestazioni. Infine, ma non certo per prestigio, il contributo Maserati in questi anni di forti innovazioni.
Il modello più innovativo della gamma dell’epoca, infatti, fu la Khamsin. Il modello corrisponde anche alla prima esperienza di design di Bertone per Maserati, in sostituzione del classico Ghibli. La Khamsin montava un potente V-8 da 4,9 litri e 320 CV che gli permetteva di ottenere una velocità massima di oltre 240km orari.
Poiché all’epoca Maserati era di proprietà della casa automobilistica francese Citroen, molti altri componenti erano condivisi con la Citroen SM. La Khamsin aveva certamente un aspetto selvaggio soprattutto dovuto al soddisfacimento degli standard di sicurezza statunitensi.
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